E’ trascorso poco più di un mese da quel triste 25 giugno, quando il mondo venne colto improvvisamente dalla morte di Michael Jackson, a pochi giorni dal debutto sul palco dello 02 Arena.
Da allora sono state avanzate diverse ipotesi sull’accaduto, alcune fantasiose, altre un po’ più concrete, mentre ancora si attendono i risultati definitivi dell’autopsia. L’unica certezza in tutta la faccenda è che Michael era circondato da personaggi poco raccomandabili, pronti a guadagnare sulla sua debolezza e, soprattutto, sulla sua salute.
Come il dottor Murray, ad esempio, il cardiologo personale di Jacko, colui che lo seguiva giorno e notte, imbottendolo di farmaci, lo stesso che costrinse il piccolo Prince ad assistere alla morte del papà, lo stesso che pretese il trasporto del corpo in ospedale al momento del decesso.
Ebbene, il ‘signor dottore’ (defizione ironica, perché uno così non può essere considerato né un signore né tantomeno un appartenente all’ordine dei medici) qualche giorno fa era stato inserito nella lista delle persone indagate, in seguito alla perquisizione nella sua clinica ed al sequesto di materiale utile all’inchiesta. Murray è stato ascoltato due volte dalla polizia ed un terzo interrogatorio è previsto per i prossimi giorni, probabilmente dopo i risultati dell’esame autoptico. Da oggi però la sua situazione si fa più complicata, se è vero che sarebbe stato accusato di aver iniettato al cantante la dose letale di Propofol, nelle 24 ore che hanno preceduto il decesso.
Finora lui aveva sempre negato la circostanza, ma una fonte vicina alla polizia di Los Angeles ha rivelato alla CNN il dettaglio determinante. Ora Conrad Murray rischia un’incriminazione per omicidio colposo, diversi anni di carcere e le maledizioni dei fan di Jackson sparsi in ogni angolo del pianeta. La soluzione è vicina, Michael può (quasi) riposare in pace.