Di cosa è morto Michael Jackson? Ce lo chiediamo da tre giorni e continueremo a domandarcelo per chissà quanto tempo ancora, in attesa dei risultati definitivi dell’autopsia ufficiale e di quella privata richiesta dalla famiglia.
Viene da chiedersi se tutto questo poteva essere evitato, se qualcuno poteva salvare Michael ancor prima dell’iniezione fatale di Demerol (l’ultimo farmaco ad entrare nelle sue vene). Sei mesi fa il giornalista Ian Halperin, vissuto alla corte di Jacko per cinque anni, aveva lanciato l’allarme, tirando fuori la storia della deficienza da Alfa-1 antitripsina (A1A) e rivelando che il cantante non sarebbe vissuto troppo a lungo.
Quella dichiarazione fu seguita da decine di smentite, mentre Jackson veniva descritto in splendida forma e pronto a tornare sul palco in un tour storico. Ed ora Harpelin torna a farsi sentire dalle colonne del MailOnline:
Non poteva reggere un concerto, figuriamoci 50. Non poteva cantare. Certi giorni non riusciva a parlare. Non ballava più. A Londra si profilava un disastro, e secondo l’opinione di gente della sua cerchia Michael aveva propositi suicidi. Se non fosse per i banchieri, agenti, dottori e consiglieri che l’hanno costretto a imbarcarsi nella massacrante tournée inglese, sarebbe ancora vivo.
Michael dunque sentiva il peso dell’impegno sul palco e sapeva di non poter offrire uno spettacolo degno del suo nome, sebbene l’entourage cercasse di convincerlo del contrario. Lo stesso entourage che ora fa finta di non sapere quali fossero le reali condizioni di Jacko prima della morte, come dimostra la dichiarazione del reverendo Jesse Jackson:
Non c’è ancora pace. Non sappiamo che cosa sia successo e abbiamo bisogno di saperlo. Michael non era malato prima di giovedì.
Viene da chiedersi allora come mai una settimana prima di morire avesse confidato:
Sono finito, meglio che io muoia.
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