Michael Jackson: il memoriale di J. Randy Taraborrelli (seconda parte)

Michael Jackson

J. Randy Taraborrelli è uno dei pochi al mondo ad aver avuto la fortuna di vivere un’amicizia con Michael Jackson lunga quarant’anni. Dopo il loro primo incontro, l’adolescenza e i primi interventi al naso, ecco il continuo del racconto del giornalista sul suo amico.

Ho così tanti ricordi di Michael che è difficile metterli a fuoco. Presi parte, nel 1983, ad alcune delle registrazioni dell’album Thriller, a Los Angeles. Michael era così felice, sicuro che quell’album sarebbe stato il migliore di tutti i tempi. Ma pochi mesi dopo, nel 1984, Michael diventò improvvisamente triste. Mi disse ‘Odio tutta l’attenzione che c’è su di me, non sono il tipo di persona che ama questo clamore. Non credo riuscirò mai ad adeguarmi a ciò, semmai si andrà sempre più a peggiorare.



E così è stato. Anche per via delle accuse di pedofilia che lo colpirono, una prima volta, nel 1993.

La gente, che aveva iniziato a veder Michael quasi come una persona asessuata, ora si dava delle risposte. Ricordo una telefonata di Michael ‘Sono innocente’, e la sua voce che tremava. Sinceramente non so bene come siano andate le cose, ma ero molto arrabbiato con lui e gli dicevo ‘Se sei innocente, allora perché hai pagato la famiglia del bambino che ti accusa?’ E lui ‘Perché avevo bisogno di ricominciare a vivere. L’intera vicenda mi ha ucciso. Te lo giuro, sono innocente. E sai una cosa? Non mi interessa cosa la gente penserà di me’.

Qualche anno dopo, una nuova accusa.

In quel momento ho pensato che la sua carriera fosse finita. Ero preoccupato per la sua vita. Lo vedevo in tv pallido, truccato, e non riconoscevo più il ragazzino che avevo conosicuto anni addietro. All’inizio del processo appariva forte, sicuro di sé, ma con il tempo, vedevo crescere in lui il dolore fisico e morale. Si presentava in tribunale in pigiama, camminava lentamente, il viso tirato. Sembrava quasi una statua di cera. E ricordo il giorno in cui in aula mostrarono il materiale pornografico trovato a Neverland. Anche sua madre Katherine fu costretta a vedere quelle immagini. In realtà ancora non capisco perché quel materiale fosse lì, credo ci sia stata una manovra di qualcuno per distruggere Michael e la sua famiglia. Chiedevo spesso a suo fratello Randy cosa sarebbe successo se Michael fosse stato dichiarato colpevole. E lui ‘ Non sopravviverà, sarà la fine per lui’.

Il verdettò arrivò, giugno 2005. Innocente.

Io ero lì. Per un attimo ho incrociato lo sguardo di Michael. Mi ha sorriso, ma i suoi occhi erano vuoti. E quella è stata l’ultima volta in cui l’ho visto da vicino.

[continua]

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