Il quadro che ne esce non è rassicurante. Un uomo solo con una dipendenza da farmaci ormai irrecuperabile. Nuovi dettagli giungono dalla documentazione del processo che, nel 2005, coinvolse per la seconda volta Michael Jackson, accusato di pedofilia.
Dagli atti emergono le dichiarazioni di Joey Jeszeck, uno dei dipendenti del ranch di Neverland all’inizio degli anni Novanta. L’uomo raccontò di conoscere la dipendenza di Michael. Il cantante, infatti, era solito chiedergli di andare in farmacia con una serie di ricette mediche intestate a svariati nomi. Ovviamente di quello di Jackson, neanche l’ombra. Un’abitudine che, spiegò Jeszeck, non dava sempre buoni frutti.
A volte i farmacisti non volevano rilasciarmi i medicinali perché sulle prescrizioni non compariva neanche il mio nome. Allora Michael chiamava i suoi dottori (tra questi un certo Dr. Farshchian operante in Florida) e gli chiedeva di cambiare ricetta inserendo il nome di chi effettivamente sarebbe poi andato in farmacia.
Sempre da quel processo emergono notizie circa il Dr. Klein, dermatologo del cantante, e su Debbie Rowe, l’infermiera che lavorava in quello studio e che, in quegli anni, diventò moglie e madre dei primi due figli di Michael. Oltre a un mandato di perquisizione per lo studio medico, si legge sugli atti:
Ms. Rowe era solita massaggiare la parte posteriore di Jackson per aiutarlo a rilassarsi e a riposare. Era stesso lei, in svariate occasioni, a praticargli delle punture di medicinali sui glutei per un trattamento contro l’acne.
E non manca un’altra testimonianza-bomba: un medico – preferisce restare nell’anonimato – che, nel 2003, fu chiamato dallo staff di Jackson in una suite di Las Vegas. Michael si lamentava di forti mal di gola e tosse. Per il medico, invece, si trattava solo di uno stratagemma per fargli prescrivere delle droghe. Al rifiuto del dottore, lo staff cercò di convincerlo a fare quelle prescrizioni, fino a una minaccia vera e propria arrivata da uno dei capi dello staff. Un dito puntato sul petto del medico e poche parole:
You do that.
‘Devi farlo‘. E non occorre aggiungere altre parole in questa sede.