E non c’è pace e non c’è fine. Sempre accesa la vicenda intorno alla morte di Michael Jackson, e adesso si aggiungono nuove indiscrezioni riguardo il pessimo operato del medico personale Conrad Murray.

Numerosi i punti interrogativi. Innanzitutto, secondo le ultime indagini, Murray ritardò nel fare il massaggio cardiaco a Jackson e cercò di nascondere una serie di farmaci prima che nella villa di Los Angeles arrivassero i soccorsi e la polizia.

Andiamo avanti. Alberto Alvarez, il direttore della logistica di Michael, ha raccontato agli investigatori di essersi precipitato, quel 25 giugno, nella stanza del cantante e di averlo trovato coricato sul letto. Occhi sbarrati, bocca spalancata, nessun segno di vita. Il dottor Murray si adoperò disperatamente per rianimarlo, praticandogli pure anche la respirazione bocca a bocca.

Quanto ai farmaci nascosti, l’avvocato di Murray, Ed Chernoff, respinge categoricamente le accuse e spiega che è impossibile che il suo cliente possa essersi adoperato per nascondere farmaci. Il legale non accetta nemmeno le dichiarazioni di Alvarez, sottolineando che l’uomo è stato interrogato due volte dalla polizia e ha fornito versioni diverse.

Nella prima versione non ha fatto menzione alcuna a farmaci. Poi, all’improvviso, due mesi dopo ci ritroviamo con il dottore che nasconde bottigliette in una borsa.

Sta di fatto che qualcosa non quadra, proprio no. Basti pensare che il coroner di Los Angeles, dopo l’esame necroscopico condotto sul corpo di Jackson, aveva indicato la causa della morte in un’overdose causata da un potente anestetico, il propofol, e da due altri sedativi usati per combattere l’insonnia (di cui Jackson soffriva). E come ha specificato il il New York Times:

Il propofol dovrebbe essere somministrato solo nel corso di anestesie eseguite da medici specialisti. Trattasi infatti di un farmaco che rallenta il battito cardiaco e abbassa la pressione del sangue ad un punto tale da poter causare complicazioni mortali.

Ed è successo.

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Ultimo aggiornamento: Marzo 23, 2010