Sei mesi fa il regista John Landis citò in giudizio Michael Jackson, accusandolo del mancato pagamento dei diritti di Thriller, video diretto dallo stesso cineasta nel lontano 1983. Ora, alla luce degli ultimi tragici eventi, la vicenda appare tremendamente insignificante, tanto che il regista ha accettato di parlare del rapporto che lo legava a Jacko dalle pagine del quotidiano La Stampa.
Il primo ricordo va proprio al momento in cui Michael lo contattò dopo aver visto Un lupo mannaro americano a Londra:
Gli era piaciuto tantissimo, in particolare la metamorfosi del lupo mannaro ideata da Rick Baker. Così mi ha telefonato: “Voglio trasformarmi in un mostro!”. Gli ho portato un libro pieno di fotografie di mostri del cinema. “Che paura!” diceva con quella sua voce alta, tutto contento.
E così partì la collaborazione tra i due, per la realizzazione di quello che in questi giorni è uno dei video più cliccati della rete con più di 40 milioni di visualizzazioni. Landis ricorda con piacere quel periodo, descrivendo Michael come
un gran professionista: lavorava sodo, non importa quante ore ci volessero per arrivare a un passo perfetto.
Un grande professionista, ma anche un uomo
dolce, vulnerabile, un artista straordinario. In quel periodo Michael era il centro di una specie di uragano di superstar. E stranamente era amico di persone molto più anziane di lui: anche impensabili, come la moglie di Walt Disney, Lillian, o Fred Astaire. E Jackie Kennedy Onassis, che è venuta a trovarlo una notte sul set di Thriller. Stavano lavorando insieme a un libro. Pensandoci, è curioso. Michael non aveva amici della sua età: erano tutti più vecchi di lui o bambini.
Dopo quel periodo i due continuarono a sentirsi spesso, per poi ritrovarsi ai tempi di Black or White, quando ormai Jacko era profondamente cambiato:
Tutta quella chirurgia plastica è una cosa che non ho mai capito. Sembrava quasi volesse cancellarsi. Michael era una persona molto strana. Un grande eccentrico. Non posso parlare in nome suo. Certo, è difficile sopravvivere a una fama del genere. Elvis non ce l’ha fatta. Ricordo che una volta, insieme alla mia famiglia, siamo andati con Michael a Disneyworld. Era come andare a spasso con Gesù: la gente cadeva in trance quando lo vedeva, scoppiavano in lacrime, si buttavano a terra. Stupefacente. La sua scomparsa è un’autentica tragedia.
Già, ce ne siamo accorti.
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