Sbeffeggiato, deriso, messo alla berlina e – soprattutto – costretto a dimettersi dal suo incarico politico per via di una situazione che era e doveva restare privata.
Piero Marrazzo ci ha messo un po’ a riprendersi dalla vicenda che lo ha visto coinvolto lo scorso autunno, quando, protagonista di un video compromettente, decise di sparire dalla circolazione per rinchiudersi in un monastero in cerca di pace.
Da allora sono trascorsi sei mesi e solo ora la Cassazione ha dato il suo verdetto, definendo un’imboscata l’irruzione dei carabinieri nell’appartamento del trans che animava le notti dell’ex Governatore del Lazio:
essi, o eventuali complici introdottosi con loro nell’appartamento, hanno eseguito delle significative riprese video del Marrazzo in atteggiamento certamente compromettente, specie per un uomo che ricopriva un importante ruolo istituzionale; riprese le cui finalità non erano certo quelle di assicurare, a fini di giustizia, le tracce di reati, o di individuare i colpevoli di condotte delittuose, ma solo di registrare situazioni scabrose per ottenere indebiti vantaggi.
Ora Marrazzo tira un sospiro di sollievo e si presenta davanti ai giornalisti con l’aria di chi ha molto da farsi perdonare, specie in ambito familiare:
In questi sei mesi ho scelto il silenzio per rispetto dei giudici, degli investigatori e dell’Arma dei Carabinieri e mi sono assunto le mie responsabilità verso i cittadini e gli elettori dimettendomi per colpe che sono personali e che hanno coinvolto anche la mia famiglia. In sei mesi non è cambiato nulla: ero e sono una vittima e un testimone di quanto accaduto. E’ importante che ciò sia stato affermato dalla Suprema Corte.
E ancora:
Ringrazio mia moglie e le mie figlie che mi sono state sempre vicine, rispettando il mio silenzio e sopportando tutte le falsità dette. Ho una famiglia splendida.
Cosa ne sarà ora di Marrazzo? Come farà per campare moglie e prole? Probabilmente tornerà in braccio a Mamma Rai:
Sono a disposizione dell’azienda. Sono pronto a rientrare. Tornerò a fare il mio lavoro nella comunicazione.
Bravo, ma ce ne vuole di coraggio, eh.