eros-ramazzottiAlla vigilia del tour mondiale che lo terrà lontano da casa per diversi mesi, Eros Ramazzotti si racconta al Corriere della Sera, confessando di avere un sogno nel cassetto:

Chiudere il tour a Cuba. E’ dal 92-93 che ci penso. Allora venni bloccato perché le radio americane minacciarono un boicottag­gio delle mie canzoni se avessi suonato nell’isola. Questa volta sono pronto ad andare casa per casa con una chitar­ra.

Perché tanto amore per l’isola?

A Castro una volta ho auto­grafato un disco. Ma non è una questio­ne politica. Il male sta ovunque: a de­stra, a sinistra e al centro. Anzi al cen­tro ce n’è di più. Ci vado per l’amore della gente verso la mia musica. Vidi un documentario nel 1990 in cui chie­devano a un ragazzino di cantare una canzone e lui intonò “Se bastasse” in spagnolo.

A dimostrazione di quanto Eros sia una star di livello internazionale, uno di quelli che ha costruito la propria popolarità con fatica e sudore, non come Corona, ad esempio (“lo prenderei a calci, e in Italia lo facciamo diventare un mito”)  come le donnine che sono diventate famose per i rapporti più o meno intimi con il Premier:

Ber­lusconi e Noemi sono le domande che ti fanno all’estero. Io rispondo che un italiano non è l’immagine di quello che accade nella politica. Berlusconi dice che è il più bravo da quando esi­ste l’Italia, tra un po’ ci benedirà. Non mi sconvolge tanto il caso D’Addario, mi sconvolge che lei prenda applausi alla mostra del cinema di Venezia: co­me può diventare diva una che non sa fare nulla?

Beh, evidentemente qualcosa sa fare al riparo dall’occhio indiscreto di flash e telemecare, altrimenti quel furbo del Cavaliere non avrebbe mica firmato assegni a tre zeri… Caro Eros, ognuno usa le armi che ha per sfondare: tu la voce, lei le virtù nascoste.