A sei anni dalla morte di Robin Williams, un documentario dedicato promette di far luce sul suicidio dell’artista, svelando la verità sui quelli che sono stati gli ultimi anni e gli ultimi mesi del grande attore. Un contributo importante anche per la sua memoria, attaccata da tanti giudizi ingiusti.

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Racconto crudo della vita di Robin Williams prima della morte

Un suicidio è sempre fonte di pettegolezzo e quasi mai in positivo. Nel caso di Robin Williams, essendo il gesto occorso in modo totalmente improvviso, soprattutto per le persone estranee alla sua famiglia, tutto subito dopo la sua morte è divenuto un incrocio di congetture e pregiudizi che hanno gettato qualche ombra su quello che era stato un attore e un uomo amato da tutti.

Il documentario “Robin’s Wish“, in pratica racconta gli ultimi giorni di vita dell’attore, i quali non sono stati caratterizzati da depressione come si raccontava quanto dai problemi che la demenza a corpi di Lewy, malattia di cui era affetto, causava senza che lui potesse fare nulla. La pellicola, diretta da Tylor Norwood, uscirà on demand il prossimo primo settembre negli Stati Uniti.

Si tratta di un contributo “ufficiale” alla storia di questo grande attore, grazie anche al contributo di Susan Schneider-Williams, terza moglie di Robin Williams e sua consorte al momento del suicidio.  La donna ha raccontato come l’uomo stesse vedendo “se stesso andare a pezzi”, e all’interno del documentario non vengono risparmiati anche i dettagli più crudi.

Una malattia che ha sconvolto la vita di Robin Williams

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Già scorrendo il trailer di “Robin’s Wish” è possibile notare la testimonianza di Shawn Levy, ultimo regista con il quale Williams ha collaborato per “Una notte al museo 3: il segreto del Faraone” che ha spiegato come sul set fosse chiaro che stava accadendo qualcosa e che lo stesso Robin parlando con lui, gli disse che non sapeva cosa gli stava succedendo e che non si sentiva più lui.

La demenza a corpi di Levy è una patologia neurologica degenerativa che aveva attaccato tutte le aree del cervello di Robin Williams e che tra i sintomi presenta anche quelli dell’improvvisa sonnolenza, perdita della memoria, allucinazioni. Susan Schneider-Williams spiega all’interno del documentario che per molte persone è stato difficile capire motivi del gesto. Su di essi la donna sostiene:

Quando qualcuno si toglie la vita, c’è sempre qualcosa di più e questo film è quel qualcosa in più. Sapeva che non c’era nulla che avrebbe potuto fare.

E forse Robin Williams ha sentito che per lui non c’era via di uscita e ha preferito andarsene secondo i suoi termini.

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Ultimo aggiornamento: Agosto 10, 2020

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